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Ylianor Nimesin
Maestro Bladesinger


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Inviato: Lun Mag 16, 2005 2:13 am Oggetto: I peperoni cucinati da Annah cadono giù pesanti... |
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[10 Nekheròs, 34 IT - ore 23:30]
Enuren fissò ancora per un istante la splendida rosa che formava il pomello di Ghiaccio, la spada che Lord Eddard, suo padre, gli aveva donato.
Per un attimo le sue preghiere si interruppero mentre rifletteva sul fatto che il padre doveva aver tralasciato di dirgli qualcosa riguardo la misteriosa druida che aveva sognato e che il Giustiziere sembrava conoscere bene.
-Quanti misteri, padre...- Riflettè sospirando, preoccupato per il destino del cavaliere più anziano.
Una splendida falce di luna ormai alta nel cielo risplendeva argentea. -...in più, pare che mi sono ficcato in una questione politica che solleverà un sacco di polvere. Fortunatamente, la nostra partenza è ormai prossima...-Socchiuse gli occhi, riprendendo la sua invocazione ad Adhan, il dio luminoso al cui credo suo padre lo aveva affidato sin da piccolo per nascondere i suoi poteri innati che lo rendevano ancor più differente dagli altri bimbi umani.
Inattesa, una serie di immagini si stagliò in rapida sequenza nella sua mente...
Un elfo dai capelli dorati, di razza simile a Keryan, in piedi al centro dell'altare sul picco, forse un Re, che parla ad un suo sottoposto dai capelli corvini, affidandogli una qualche missione.
Quest'ultimo intona delle parole in una lingua antica, celando qualcosa di importante con il potere di una magia antica.
L'elfo dai capelli d'oro che pronuncia una singola parola arcana, guarendo i suoi soldati, sfiniti dopo una durissima battaglia.
Una falce di luna argentea alta nel cielo, l'oscurità impenetrabile che avanza...
Risveglialo, e lui lo guarirà. Quelle parole gli risuonarono nella mente, poi uno sgradevole cigolio gli fece aprire gli occhi di soprassalto: Valdir era comparso alla sua soglia, un espressione indecisa sul viso. Il neo eletto cavaliere sospirò, domandandosi se per caso non avessero tutti bevuto troppo vino quella sera...
[11 Nekheròs, 34 IT - ore 00:00]
Valdir sbuffò contrariato: la bella Arya era andata via abbastanza seccata, lasciandolo dinnanzi alla porta del cavaliere mezzelfo.
Sospirò, notando in quel momento Keryan che stava salendo le scale della torre. "Dove vai?" Chiese per distrarsi.
"Penultimo piano." Commentò lui semplicemente, bilanciando qualcosa che reggeva dietro la schiena. "Se vuoi scusarmi, andrei... buonanotte, Valdir."
L'elfo chiaro ghignò, credendo di intuire dove stesse dirigendosi lo strano spadaccino dai capelli argentei. "Salutamela!"
Keryan si voltò con uno sguardo perplesso che gli fece perdere ogni certezza "Chi?" Chiese dubbioso, e visto che l'arciere non rispose subito, spiazzato, riprese a salire le scale, reprimendo un sorriso soddisfatto, mentre prestava più attenzione a non essere notato mentre saliva le restanti rampe di scale.
L'arciere elfico si affacciò ad una balconata, malinconico, fissando le splendide stelle che brillavano insolitamente vicine quella sera. Lui non aveva avuto misteriosi sogni rivelatori come Heru Iskadel: il giorno che il gruppo del suo Lord era salito all'altare tra i picchi, lui aveva approfittato dell'assenza di Calahir per serrare il corteggiamento ad Arya. -E così, non ho ottenuto nè l'elfa nè i sogni premonitori...- Rifletté amaramente, avviandosi a scendere le scale verso il piano terra: aveva proprio bisogno di una passeggiata rilassante tra i boschi...
[11 Nekheròs, 34 IT - ore 00:00]
Keryan bussò alla porta, assicurandosi di non essere osservato, poi entrò. -Mannaggia a te, elfo oscuro! Mi stai contaggiando la tua paranoia...- Meditò, ghignando. "Veldriss, spero che sia di tuo gradimento..." Sussurrò, porgendo all'affascinante senatrice oscura uno dei bicchieri che aveva nascosto alla vista dell'amico arciere qualche piano più giù, stappando la bottiglia che aveva altresì portato.
K'Dreda era davvero una donna splendida, dovette ammettere tra sè, fissando i suoi luminosi occhi porpora "C'è davvero tanto interesse in questa Rocca da spingere tre senatori a muoversi nonostante la minaccia di un contagio?" Domandò, riprendendo un discorso che avevano lasciato in sospeso.
L'elfa oscura sorrise, e i suoi denti bianchissimi risaltarono tra la pelle leggermente abbronzata e la cascata di capelli ondulati, nerissimi. "E' in una posizione strategica che tutti ambiscono..." Fece notare, sorridendo maliziosa. "Ma tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro, principe..."
"Come già ti ho detto, quel titolo perde molto significato, dopo 8000 anni..." Keryan sospirò, fissandola poi con uno sguardo furbo. "E comunque, si, mi rendo conto dell'importanza strategica di questa rocca. Dopotutto, è stata una delle principali difese nella Guerra delle Razze proprio per questo, ma queste mosse politiche mi sembrano tese non tanto ad assicurarsi la sicurezza di queste terre, ma ad avere un ottimo appoggio strategico nel cuore del reame per motivi che, ammetto la mia ingenuità, non mi sono chiari..." Sussurrò, bevendo un sorso del vino bianco che aveva portato.
K'Dreda allargò il suo sorriso, alzandosi dal divano dov'era languidamente sdraiata per raggiungere la poltrona dell'elfo. Si chinò su di lui, fissando i suoi occhi in quelli verde mare di lui. "Davvero non capisci?" Domandò. "Puoi parlare liberamente, io e le mie sottoposte schermiamo sempre le camere a eventuali orecchie indiscrete..." Assicurò.
"Il malcontento tra gli elfi di entrambe le razze mi sembra palese." Sussurrò Keryan in risposta, annusando il suo profumo. "Sembra che, ora che la necessità di unirvi per fronteggiare un nemico comune è diminuita, l'interesse in questo millantato Unico Impero stia scemando a sua volta..." Azzardò cautamente, domandandosi se -come suo solito- non si sarebbe cacciato in qualche grosso guaio...
[...to be continued...] |
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Ylianor Nimesin
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Inviato: Lun Mag 16, 2005 6:58 am Oggetto: |
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[11 Nekheròs, 34 IT - ore 00:15]
I due elfi stavano per iniziare i loro studi quando notarono Valdir ritornare mestamente sui suoi passi dopo solo un quarto d'ora che aveva annunciato loro di accompagnare la bella Arya in camera sua.
Calahir sogghignò, indicando conl mento il capitano elfo al suo allievo oscuro. "L'avevo detto che avrebbe fatto un gran buco nell'acqua..." Sussurrò, allargando il suo sorriso. "...fortunatamente per lui, non gli ha scaricato addosso uno dei suoi fulmini per cui è tanto famosa."
Venali annuì, un sorriso furbo in volto. "Si vede che come donna è meno pericolosa di quello che sembra..."
Stavano studiando da più di tre ore quando l'elfo chiaro si concesse un attimo di pausa, apprezzando i progressi del suo allievo.
"Ottimo, Venali!" Ammise, domandandosi per un attimo cosa avrebbe pensato suo padre a sapere che stava insegnando magia ad un Elfo Oscuro.
Scosse la testa, sbadigliando appena. "Ora, però, se vuoi scusarmi avrei bisogno di riposare... non sono ancora abituato a questi ritmi notturni..." Fece notare.
L'elfo oscuro sogghignò, facendogli cenno che non c'era problema. "Buon riposo." Sussurrò. "Io credo che rimarrò ancora un pò qui..." Ammise, riprendendo a scrutare nel prisma trasparente.
Era rimasto completamente solo, e gli elfi non sarebbero arrivati prima dell'alba: una situazione che trovava estremamente rilassante. Fu in quel momento che avvertì la presenza.
Portò una mano al suo kukri, giusto per sentirsi sussurrare in un bisbiglio divertito. "Non c'è bisogno. Se volevo ucciderti l'avrei già fatto, non credi?"
Si voltò a scrutare nelle profondità dell'ombra, e avvolta in un abbraccio sensuale delle sue spire, la vide."Sembra che i tuoi studi procedano bene." Veldrin gli rivolse un sorriso compiaciuto, i suoi occhi porpora fissi su di lui. "Vieni con me."
Venali obbedì, senza porre domande, entrando nell'ombra e venendone inghiottito per riapparire poco distante, nel bosco fuori la Rocca.
[11 Nekheròs, 34 IT - ore 04:30]
Calahir si era infine deciso a fare quella richiesta, e ora che era di fronte a Naryel, gli si prospettava l’unica tra le ipotesi che non aveva preso in considerazione: invece di rispondere semplicemente con un rifiuto o un assenso alla sua richiesta di essere accettato come suo allievo, il mago elfo gli aveva posto una domanda.
L’elfo più giovane si schiarì la voce, ponderando sulla risposta. Cosa significava essere un allievo di Naryel, appartenente della gilda arcana di Myradir? Quella era la domanda a cui doveva trovar risposta. “Dovrò sicuramente dedicare tutto il mio tempo e le mie energie allo studio…” Tentò.
Naryel fece un cenno di diniego col capo "Heru Iskadel, diventando mio allievo lei prenderà una chiara posizione politica agli occhi del Senato… e questo potrà non piacere a suo padre." Spiegò.
Calahir sembrò ponderare quelle parole dell’elfo dagli strani occhi scuri, perplesso. “Ah si?”
Il mago annuì. "Si"
“I rapporti tra me e mio padre non sono buoni da tempo.” Si limitò a rispondere il più giovane elfo chiaro.
"Se vuole entrare a far parte della Gilda di Myradir, non dovrà mai discutere i miei ordini, per quanto strani possano sembrare. E stare molto attento all'Oscuro..." gli occhi del comandante elfo si ridussero a due fessure . "Cosa decide? Tenga ben presente che infrangere un ordine comporterebbe ovviamente essere radiato immediatamente dalla gilda, perderne tutti i privilegi, nonché la distruzione del proprio libro arcano." Il tono era stato freddo, ma c'era una nota minacciosa che l'elfo più giovane non aveva mancato di notare.
Calahir deglutì, ma ormai la sua decisione era presa. “Va bene, accetto, ma spero sinceramente di non dover mai andare fisicamente contro i miei amici.”
Il mago più anziano sorrise, cambiando improvvisamente modo di porsi nei confronti del ragazzo. "Non siamo l'Oscura Legione, Calahir... e non siamo neanche delle spie. Ma il tuo peso politico può fare la differenza nella gilda, quindi dovrai obbedire ai miei ordini. E solo ai miei." Precisò.
Il giovane Iskadel annuì. “Lo farò. Anche se onestamente il mio primo pensiero è la conoscenza arcana, ma se potrò essere d'aiuto non esiterò.”
Il suo interlocutore si limitò a sogghignare. "La magia purtroppo è uno strumento potente che non può prescindere da implicazioni politiche..." Gli allungò una spilla argentea a forma di stella, al cui centro spiccava uno zaffiro."Benvenuto tra gli Stellati di Myradir."
Calahir spalancò gli occhi, affascinato dall’oggetto. “Grazie... ehm... comandante?
"Maestro" Precisò l’altro . "Ecco il mio primo ordine. Il Senatore Saskiir ha intenzione di assegnare un elfo di sua fiducia al seguito di Ser Frey: tu sarai quell'elfo. Vai a parlare col Senatore oggi stesso..." Ordinò. "Ah, un ultima cosa: l'amuleto ovviamente è inattivo. Non dubito che un mago esperto come te ne capirà il funzionamento e le modalità di attivazione; esso è il tramite alla spellpool della gilda. Mi raccomando, non perderlo."
Calahir annuì prontamente. “Lo studierò attentamente e lo custodirò gelosamente, Maestro.”
Naryel sembrò abbastanza soddisfatto di quella risposta, ma ci tenne a precisare dell’altro "Se lo dovessi perdere, avvertimi immediatamente. Se te lo dovessero sottrarre, non esitare ad eliminare chiunque ne sia venuto in possesso: i segreti della gilda non vanno diffusi"
Calahir si inchinò, accennandosi a prendere congedo dal suo nuovo Maestro.
"E smettila di dare lezioni all'Oscuro!" Aggiunse il mago prima che l’elfo più giovane sfilasse fuori dalla porta. "Non è nostro compito formare i maghi degli Oscuri. Che se la sbrighino le loro sacerdotesse."
Calahir si girò, rammaricato. “Neanche le basi?” Domandò, ma l’espressione dura del suo Maestro fu già di per se una risposta. “Come potrò contattarla, Maestro? Con i piccioni viaggiatori?”
Il comandante fece un cenno di diniego col capo. "Ti contatterò io quando necessario."
[11 Nekheròs, 34 IT - ore 04:40]
"Gli umani sono più numerosi di noi e il malcontento dilaga anche tra di loro..." K'Dreda ci aveva pensato molto a lungo prima di dare la sua risposta ad una domanda di diverse ore prima dello spadaccino, sussurrandogli le parole all'orecchio "...sono divisi... e molti di loro sono convinti di averci annesso di diritto durante la guerra, e che dunque non avremo diritto nemmeno a portavoci."
"Ora mi spiego perchè Selandel fosse preoccupato." Replicò lui, pensieroso. "Il cavalierato concesso ad Enuren è solo un altra mossa politica..." Keryan la fissò duramente , mentre lei si sollevava a mezzobusto nel letto, appoggiando un gomito al cuscino continuando a scrutarlo.
Era sinceramente colpita da come quell'elfo, che si definiva 'sprovveduto' in politica, stesse creandosi amicizie e agganci opportuni; un particolare che lo rendeva ancor più interessante.
Keryan si accigliò, spiacente che il suo amico fosse stato gettato in mezzo a delle beghe degli elfi. "...i più avversi alla promozione di un <<mezzosangue>> erano proprio gli umani, ed ecco che gli elfi -chiari e oscuri- gli hanno prontamente concesso quello che il cuore dell'Impero gli negava..."
Il suo discorso venne interrotto da un bacio di lei. "Sei un maschio intelligente..." Sussurrò lei, quando si slacciò dal bacio. "...e proprio per questo credo che converrai con me che alcune osservazioni sarebbe più saggio tenersele per sé, mio principe." Fece notare, avvicinandosi a lui per accoccolarsi al suo fianco. "Ma probabilmente ti meraviglieresti nello scoprire quanti alleati improbabili sarebbero disposti a spalleggiarti, se decidessi di reclamare ciò che è tuo di diritto..."
-E' questo che devo fare? Guidarli in una rivolta politica che molto probabilmente porterà alla guerra?- Keryan sospirò, scuotendo il capo, carezzandole lievemente il collo. "Non sono interessato a reclamare qualcosa di perso nel tempo..." Le sussurrò.
K'Dreda aprì appena gli occhi, e per un momento Keryan si ritrovò a pensare che l'espressione della donna la faceva singolarmente somigliare ad una gatta acciambellata sulle sue gambe, sinuosa, calda e apparentemente innoucua, fin tanto che non sfoderi gli artigli...
"Le prove si riescono sempre a recuperare, con i giusti appoggi..." Sussurrò lei semplicemente, apprezzando il fisico musculoso del principe elfico. "Se tutti gli elfi chiari fossero come te, noi Oscuri avremo di che temere..." fece notare a un tratto, stiracchiandosi.
Keryan le carezzò i capelli dolcemente, lasciando che la ciocca bianca che spiccava in quella cascata nera si arricciasse ad un suo dito. "Quando quel titolo che mi attribuisci aveva ancora un senso, questo marchio indicava solamente i profughi fuggiti da Iborea." Commentò, la sua voce musicale che si era fatta insolitamente cupa. "Eravamo un unica razza."
K'Dreda lo fissò, notando solo in quel momento che l'elfo che aveva di fronte sembrava leggermente diverso da quanto ricordava: più maturo e ancor più distante dagli elfi attuali, e forse per questo notevolmente più affascinante. "Mi piace sentirti parlare, ma le tue parole sono difficili da credere..." Fece notare.
Keryan sorrise. "Forse è perchè spesso è più duro dar credito alla verità che alle menzogne..." Rispose lui, osservandola. "E questo mi fà venire in mente che mi trovo di fronte ad un grave problema di etichetta..." Aggiunse, e vide che gli occhi di lei erano fissi nei suoi, in aspettativa. "...mi è stato detto che è di etichetta, tra gli Oscuri, che un maschio ben educato lasci la stanza della sua signora prima dell'alba senza indugiare, ma questa stessa azione è contraria a ogni forma di buona creanza a cui sono normalmente avvezzo..."
"Quello che ti hanno detto è vero." Confermò K'Dreda "Quindi hai ancora poche ore a tua disposizione: pensa bene a come sfruttarle!" Aggiunse, maliziosa.
Lui sogghignò. "Non avevi detto che trovavi piacevole parlare con me?" Le chiese furbamente.
K'Dreda si limitò a fare spallucce. "Si, ma non è la prima cosa che mi viene in mente..."  |
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Ylianor Nimesin
Maestro Bladesinger


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Inviato: Lun Mag 16, 2005 11:20 am Oggetto: |
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[11 Nekheròs, 34 IT - ore 06:00]
"Adesso che hai decifrato le parole, puoi prestare il tuo giuramento..." Sussurrò la donna d'ombra al suo compagno. Aveva voluto essere accompagnata a vedere il misterioso altare sul picco, e camminando nelle ombre erano riusciti ad arrivarci molto rapidamente.
E ora erano lì, sotto le stelle, in quella che Veldrin aveva definito una sorta di 'ombra naturale': sembrava infatti che, ai suoi sensi più sviluppati, l'intero altare sembrasse avvolto nell'abbraccio delle ombre, oltre che nelle onde del Fae.
"Si, Maestra." Venali annuì, inginocchiandosi alla donna come aveva visto fare all'elfo oscuro del suo sogno e declamò, deciso, le parole che aveva decifrato con l'aiuto di Laurana nello scritto lasciatogli da Veldrin.
"Padre, ascolta le mie parole, sii testimone del mio Giuramento.
Cala la Notte, e la mia Guardia ha inizio.
Non si concluderà fino alla mia Morte.
Non avrò altra Alleanza, non possiederò Terra.
Non porterò Corona e non vorrò Gloria.
Vivrò per il mio Giuramento, e per il mio Giuramento morirò..."
In un momento di ispirazione, ripetè a getto anche le parole seguenti che aveva sentito pronunciare dal Primo Guardiano in quello stesso luogo, millenni addietro, in una lingua ormai sconosciuta ai più, e impronunciabile.
"Io sono la Spada nelle Ombre.
Io sono la Sentinella che veglia nella Notte.
Io sono il Custode di ciò che andrà Dimenticato, l’Oscurità che condurrà alla nuova Alba,
il Guardiano che sorveglia i Dormienti, l’Ombra che veglia sui Domini degli Elfi.
Io consacro la mia vita e il mio onore ai Guardiani della Notte.
Per questa Notte e per tutte le Notti a venire".
Sentì che le ombre l'avevano come abbracciato, come se l'altare stesso avesse riconosciuto quelle parole.
Veldrin sollevò gli occhi, meravigliata, fissando le ombre che carezzavano il suo allievo. -Chi sei, numero 13?- Si domandò socchiudendo gli occhi in due fessure. "Come conosci quelle parole?" Domandò semplicemente quando le ombre si furono quietate, e il silenzio tornò ad avvolgerli, rassicurante.
Venali, ancora colpito dalla sensazione che aveva provato nel prestare quel giuramento in quel luogo permeato di forze mistiche, espirò. "Le ho sognate..."
[11 Nekheròs, 34 IT - ore 07:30]
Rencub sospirò, guardandosi intorno: il bosco era un posto piacevole, se paragonato alle noiose feste elfiche. Il robusto cucciolo di lupo grigio che aveva chiamato Hill sembrava divertirsi a correre a zonzo, rispondendo (raramente) ai richiami del suo padrone.
Il barbaro inspirò l'aria fredda del mattino: dall'odore si sentiva chiaramente che la primavera stava lentamente avanzando nel gelo della neve anche a quell'altezza. Un fruscio tra il sottobosco lo fece voltare di scatto. "Hill?" Chiamò, aguzzando lo sguardo tra le ombre del mattino.
Ma il lupo che gli si stagliava di fronte era molto più grosso del suo cucciolo e il grigio del suo manto tendeva all'argento, risaltando contro il verde degli occhi intelligenti. Conosceva quel lupo: era quello che aveva incontrato nella sua ordalia, quando era ancora un ragazzo, e che aveva recentemente sognato al fianco del generale elfo.
Keryan gli aveva anche dato un nome. "Vento Grigio?" Azzardò, e vide che il grosso animale sembrò sorridere mentre avanzava contro di lui, sedendosi sulle zampe posteriori a fissarlo.
Una seconda figura avanzò poco discosta tra gli alberi, trotterellando allegramente: Hill faceva il suo ritorno dal suo padrone, un grosso pollo tra le zanne. "E quello dove l'hai preso?" Domandò il barbaro, divertito, tornando a voltarsi verso il lupo più grande.
Ma l'enorme animale dal pelo argenteo era sparito. "Hey, tu l'hai visto, vero?" Domandò al lupetto, che voltò la testa, perplesso, continuando ad addentare la sua preda.
[11 Nekheròs, 34 IT - ore 08:00]
Keryan vide sfilare fuori Calahir dalle stanze del Senatore Elfo Chiaro, e si domandò per quale motivo fosse stato anch'egli convocato dall'elfo sconosciuto.
Quando fece il suo ingresso nella stanza, gli occhi del Senatore e delle sue quattro guardie erano fissi su di lui, cosa che gli fece stranamente tornare in mente una frase criptica di K'Dreda, dettagli poche ore prima. -Susciti molte invividie, principe Moondawn...-
Riflettendo sulla sua attuale situazione, lo spadaccino si ritrovò sinceramente a domandarsi il perchè. "Heru Saskiir..." Salutò, inchinandosi formalmente con un etichetta di chiaro stampo nobile che sembrò infastidire ancor più il giovane Senatore. "...a cosa devo l'onore di questa convocazione?" Domandò, lasciando scorrere lo sguardo nella stanza, sentendo uno strano odore di guai.
L'elfo seduto di fronte a lui socchiuse i suoi occhi grigi, fissandolo con astio. "Ho saputo che i tuoi amici ti chiamano principe..." Commentò, sarcastico.
"Un pò pretenzioso, non trovi, per un mezzosangue tombarolo?" Ringhiò, indicando la spada affibbiata al fianco dello spadaccino.
"Dove hai rubato quella?"
Gli occhi di Keryan si ridussero a due fessure verdi fissandosi in quelli del Senatore. "Non son qui per essere insultato." Replicò, lasciando per un attimo saettare lo sguardo sulle guardie, che gli sembravano adesso più vicine.
Il senatore si sollevò in piedi, ma pur facendolo era meno alto di almeno una testa rispetto a Keryan. "Consegnami la lama, ladro, e uscirai da questo incontro indenne..." Intimò.
"Non sono un ladro." Il tono di voce dello spadaccino era freddo. "E non ti consegnerò spontaneamente questa spada."
Il senatore Saskiir sembrò non gradire quella risposta, e fece cenno ai suoi sottoposti di circondarlo.
Keryan lo fissò con astio, sfoderando con un gesto rapidissimo la sua lama di cristallo, che sfavillò azzurra. "Quanti elfi sei disposto a far morire per avere una lama di Valyria?" Domandò cupamente, alzando la guardia.
Il senatore fece spallucce. "Quanti sarà necessario affinchè tu me la consegni, o muoia nel tentativo di uscire da qui." Rispose senza battere ciglio, facendo cenno ai suoi di prendere la spada.
Keryan socchiuse gli occhi, e quando li riaprì erano scuri quanto la lama della sua spada, che aveva spostato in una guardia bassa...  |
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Ylianor Nimesin
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Inviato: Mar Mag 17, 2005 10:22 am Oggetto: |
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Il pendente degli stellati che il Comandante Naryel ha dato al vostro caro Calahir...
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Ylianor Nimesin
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Inviato: Mer Mag 25, 2005 5:49 am Oggetto: Il sogno di Calahir |
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[15 Nekheros, durante il reverie di Calahir, in un orario che non è chiaro al povero malcapitato che ormai ha perso il senso del tempo ]
La familiare sagoma dell'altare si stagliava imponente contro il cielo quasi nero di quella notte stellata senza luna. I giovani allievi erano seduti in circolo, intenti ad osservare sopra la loro testa, silenziosi, mentre la voce musicale del loro mentore li ammaliava rendendo quella difficile spiegazione arcana piacevole ad ascoltarsi come una canzone.
Calahir si guardò intorno, meravigliato: una dozzina di giovani elfi che non dovevano ancora aver raggiunto il secolo di vita erano i suoi compagni di quella strana lezione a cui si trovava ad assistere.
Il suo sguardo indugiò sulla figura del loro maestro, di spalle rispetto alla sua posizione. Era ammantato in paramenti di una bella tonalità profonda di azzurro istoriati di rune in mithril ed era muscoloso, e molto alto, forse anche più di Keryan.
Lunghi capelli neri sorretti da un sottile diadema di mithril gli ricadevano sulle spalle, lucidi, ma nessuna ciocca candida li macchiava. L'elfo sollevò un braccio al cielo, indicando un particolare grappolo di stelle che formavano una costellazione che il mago trovò familiare.
"Qualcuno conosce il nome di quella costellazione?" Domandò il maestro, e Calahir avrebbe voluto rispondere ma una giovane elfa al suo fianco, dai lucidi ricci color del mogano, sollevò una mano di scatto, iniziando a declamare con voce limpida.
"E' la Dodicesima casa, ovvero la costellazione del Lupo. Raffigura Lycaeus, il grande lupo argenteo che ha protetto la Fey Forest da un attacco della Oscura Nemica ed è per questo stato innalzato nel cielo dal Padre degli Elfi." Rispose la ragazzina, che doveva avere poco meno di ottanta anni.
Calahir sospirò, volgendo gli occhi alla bella costellazione, intristendosi: avrebbe dato qualsiasi cosa -all'età di quella fanciulla- per poter far parte di una classe come quella in cui era seduto ora.
"E' esatto, Hermyone." L'elfo dai capelli neri annuì, e Calahir poté quasi avvertire il suo sorriso, benché egli non si fosse girato. "Quello che forse non tutti riuscite a vedere in quella costellazione, che il Creatore ha scelto come propria prediletta, è la magia delle sue stelle..." Continuò a spiegare, mentre congiungeva alcune delle stelle tramite delle scie luminose tracciate nell'aria grazie ad un banale incantesimo.
Alcune stelle brillarono più di altre, mentre una scia argentea si dipanava a formare un intreccio di rune che Calahir fissò attonito ed affascinato.
L'elfo dai capelli neri concluse il suo disegno, lasciando le rune a brillare nel cielo, illuminate dalle stelle. "Per un mago che sappia dove cercare, il cielo è come un libro in cui il Creatore ci ha lasciato traccia di come utilizzare il Dono..."Gli altri allievi annuirono affascinati, mentre Calahir si domandava titubante a quale dono stesse facendo riferimento il maestro.
"Che dono?" Osò chiedere ad un tratto alla sua vicina, che votò appena il suo viso da folletto per osservarlo con i grandi occhi color ambra.
Il mago vi lesse solo sorpresa e incredulità, come se la sua domanda fosse stata talmente banale da lasciare totalmente spiazzata la sua interlocutrice. "Come quale dono?" Sussurrò lei di rimando, sbattendo le palpebre. "Il Dono! La Magia Arcana che il Creatore ha donato ai noi, i suoi figli, in tempi remoti!" Acclarò lei, come se stesse professando un ovvietà.
Calahir spalancò gli occhi, ma l'attenzione di entrambi fu nuovamente catalizzata dal loro maestro, che stava riprendendo a spiegare.
Non avrebbe saputo dire quanto tempo era passato, ma ben presto la volta celeste sulle loro teste fu affrescata da un intreccio di simboli arcani che l'elfo dai capelli color della notte tracciava con perizia, intrecciandoli tra le alte volte del luogo sacro che li ospitava.
Ed improvvisamente, Calahir iniziò a capire: più osservava quei simboli più si rendeva conto che quelli erano incantesimi, e che se avesse voluto li avrebbe potuti studiare e apprendere, e forse persino trascrivere sul suo libro!
E se la partenza di ogni cosa era il Lupo, le formule arcane si estendevano per l'intera volta celeste, per chi sapesse dove cercarle: incantesimi che mai aveva visto e di cui non aveva mai nemmeno sognato le complesse profondità erano stati sempre lì sotto i suoi occhi, nello splendore del cielo stellato.
Tutto era chiaro, limpido, come una nottata tersa: riuscì persino a scorgere le rune raffiguranti i complessi intrecci di rituali delle cerchie più alte, e si sentì improvvisamente perso nell'immensità di quella scoperta... poi si rese conto di essere rimasto solo al centro dell'altare.
Tutte le altre figure erano sparite: c'erano solo lui, e il cielo, e le rune tracciate dal suo maestro che stavano lentamente svanendo, lasciando solo una tenue traccia nell'oscurità della notte.
"Non lasciatemi solo!" Urlò, nel panico, rivivendo la sua gioventu, nuovamente rinchiuso in una torre isolata di Rocca del Grifone.
"Nessun elfo è mai solo..." Sentì rispondersi in un sussurro confortante dalla familiare voce del maestro dai capelli neri... |
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