Ylianor Nimesin
Maestro Bladesinger


Registrato: 08/02/05 23:59
Messaggi: 1069
Località: Salerno Seaside
|
Inviato: Dom Ago 24, 2008 11:19 am Oggetto: [Racconto] L'ordalia di Cameron. |
  |
[17 Alturiak 1508 - da qualche parte nelle Shining Planes]
Erano giorni che camminava in quella pianura sconfinata, guidato solo dalle stelle nelle notti terse e stranamente fredde e dalla posizione del sole nelle giornate aride e calde. I colori, asciutti ed bruciati, parevano quelli della terracotta: gli alti steli della savana riarsa dal sole erano di un pallido dorato, e sparsi nella pianura crescevano radi alberi dalle chiome e fogliame delicato e leggero.
Di tanto in tanto alle sterpaglie e alle alte erbacce si sostituivano cespugli spinosi costellati di pietre e ciottoli terrosi che rendevano anche più arduo camminare, rendendo ogni passo incerto e difficoltoso.
Cameron si guardò intorno: doveva ammettere che la vastità di quel panorama era immensa. Ogni cosa dava un senso di grandezza, di libertà. Il cielo, di solito celeste pallido o violetto, quel giorno era solcato da enormi nubi in continuo mutamento che non riuscivano tuttavia a nascondere la fiamma bruciante del sole: scintillava, ondeggiando come un riflesso nell'acqua che scorre, specchiando e raddoppiando tutti gli oggetti, creando talvolta inattesi miraggi e levando dal suolo brullo che stava attraversando un tremolante vapore misto alla polvere sottile sollevata dai suoi passi.
Tentò di schermare i suoi occhi gialli da tanta luce: un tempo forse ne sarebbe stato ferito anche più di adesso, riflettè, ma la sua maledizione aveva fatto in modo che divenissero lievemente più resistenti al sole -come quelli dei serpenti che l'avevano soggiogato. Sogghignò riflettendo sull'ironia di quel pensiero: il suo stato di tainted aveva forse dei vantaggi? Seppur fosse, continuava ad essere la sua maledizione.
Lo stomaco lo strappò da quei pensieri oziosi riportandolo rapidamente alla realtà: aveva fame e non gli era stato concesso di portare viveri o acqua in questa stupida ordalia. Lanciò uno sguardo a un branco di bovini -simili a bufali, ma dalle strane corna ritorte- che brucavano placidamente la poca erba che cresceva tra le pietre. Sbuffò. Dubitava di essere in grado di avvicinarsi a sufficienza ad uno degli animali senza mettere in fuga l'intero branco.
-Ma forse se li seguo mi porteranno almeno a dell'acqua... dovranno anche bere qualcosa queste bestie...- Ponderò, accucciandosi all'ombra di un arbusto più alto per sfuggire alla calura dell'ora più torrida. Le ombre si erano accorciate molto e sapeva bene che non era il caso di muoversi in quelle condizioni.
Un ricordo fece capolino nella sua mente, non richiesto e per nulla benvenuto: il ricordo di un passato che ormai lui considerava lontanissimo...
Una pianura molto simile a quella, ma molto più verde e lussureggiante. Il rumore di zoccoli di cavalli sulla terra fertile di Dambrath. Una figura a cavallo di uno splendido stallone nero che si voltava verso di lui, attendendo che lo raggiungesse. Un sogghigno familiare su un viso spigoloso così simile al suo, eppur più scuro, e nell'ossidiana di quella pelle due occhi rossi che luccicavano divertiti. "Cameron di questo passo arriveremo al ranch l'anno prossimo..." Fece notare causticamente in una lingua che credeva di aver dimenticato. "...sei lento come un leone di collina dopo il suo pasto..."
Il ragazzino -doveva avere non più di 6 anni- spronò il suo cavallo, sorridendo. "Non l'ho scelto io il mio spirito guida... e comunque non ho ancora mangiato..."
Un sorriso amaro si dipinse sul volto spigoloso del tainted. Quei tempi ormai erano passati, e non c'era più nessuno che potesse guidarlo a casa. Toccava trovare un modo per arrivare a quello stramaledetto pozzo senza morire disidratato o finire il pasto alle belve feroci mentre vagava sperduto nella savana.
Sospirò, notando che quei stupidi bufali non avevano nessuna intenzione di muoversi e dovette arrendersi ad un'eventualità che non aveva ancora voluto mettere in essere: solo un serpente poteva reggere senz'acqua e senza cibo con quel calore. Si arrese, concentrandosi sul suo corpo come aveva imparato per permettere ad un'altro "dono" del suo retaggio yuan-ti di salvarlo da quella situazione: il suo corpo si contorse, rimpicciolendosi sempre più. Le braccia e le gambe si fusero rapidamente al tronco mentre si contorceva in spasmi non propriamente piacevoli. Alla fine della rapida trasformazione, una piccola vipera scivolò fuori dai panni impolverati e vuoti accantonati al suolo all'ombra del piccolo arbusto che gli aveva fornito ombra sin ora.
La vipera drizzò la testa, annusando l'aria alla maniera dei serpenti. Sentiva l'odore dell'acqua. E sentiva anche qualcos'altro... qualcosa che in quella sua forma stuzzicava il suo enorme appetito. Si rese conto che si trattava di un piccolo roditore.
-Ed eccomi ridotto a mangiare topi...- Riflettè tristemente, avvicinandosi furtivamente alla sua preda...
Le stelle brillavano tremule nell'immensità della coltre del cielo quella notte, ma Cameron non era certo dell'umore adatto per apprezzare quello spettacolo della natura, dopo aver trascorso innumerevoli giorni cibandosi solo di topi e bevendo acqua più simile al fango. Camminava a passo moderato, avendo imparato a sue spese quanto fosse importante calibrare bene le forze nella savana. Avrebbe desiderato ardentemente un cavallo. Si sarebbe addirittura accontentato di un ronzino qualsiasi, anche se dubitava che un animale non avvezzo a una vita rigorosa potesse sopravvivere a quel viaggio.
Ma aveva solo i suoi piedi, e dovevano bastargli. Socchiuse gli occhi cercando di capire cosa fosse la macchia di arbusti in lontananza all'orizzonte: alberi? Rovine? Forse delle pietre sporgenti... eppure era una cosa estranea al paesaggio cui fin'ora si era abituato, quindi vi si stava dirigendo, superando le dolci colline sterpose una dopo l'altra.
"Solo un'altra... solo un'altra e dovrei essere arrivato..." Si ripetè. Sapeva che era falso: la permanenza in quel luogo gli aveva anche insegnato che l'immensità del paesaggio rendeva difficile valutare correttamente le distanze. Un suono ormai familiare lo raggiunse: una sorta di ululato o di guaito; erano quella specie di cani maculati che da qualche giorno lo seguivano. Sembrava quasi che lo deridessero con quel loro strano latrato: ogni volta che esitava, quando rallentava o quando la sete lo assaliva loro erano lì, in attesa di uno sbaglio.
La savana non era certo clemente con i deboli. -Un punto in comune con Dambrath...- Gli ricordò oziosamente il suo cervello in un impeto di anologie non richieste.
Un minimo di rivincita sulle iene se l'era preso quando una -più coragiosa o stolta delle altre- si avvicinò ai suoi vestiti lasciati incustoditi mentre lui riposava sotto un sasso in forma di vipera. Un morso sul naso aveva insegnato alle sue compagne a non avvicinarsi mai più.
Gli venne in mente una sera di diversi mesi prima, durante un turno di guardia: Ishaara gli aveva proposto di eseguire un piccolo rituale che gli avrebbe permesso di vedere meglio al buio. In effetti -nonostante nell'oscurità completa la sua vista non avesse uguali- doveva ammettere che la mezz'elfa aveva una visione crepuscolare nettamente migliore della sua. Scettico dei rituali sciamanici della ragazza, ma incuriosito, decise di permetterglielo. E dovette ammettere che funzionò molto bene, tanto che ormai era diventata una consuetudine consolidata quando viaggiavano assieme.
"Babbo, se la smettessi di pensare a cosa vorresti avere, e ti concentrassi su cosa devi ottenere adesso andremo più facili!" Ringhiò a sé stesso.
Un grugnito lontano sottolineò le sue parole, mettendo anche in fuga il piccolo branco di cagnacci che lo seguiva. Conosceva quel suono. Un leone. Erano comuni anche a Dambrath dopotutto, tanto che ne aveva potuto addestrare diversi nella sua giovinezza, anche se in quella zona erano più grossi e vivevano in branchi numerosi. "Meglio affrettarsi..."
Era ormai vicino alla "foresta" che aveva avvistato giorni prima. In realtà, riflettè caustico, più che foresta o oasi si sarebbe dovuto parlare di un gruppo di rovine sparse e alberi radi tra le basse colline della savana. Ma comunque era molto più di quanto avesse fin ora avvistato. In tutti questi giorni anche una pozzanghera o un albero solitario avevano rappresentato un punto di riferimento in tanta piattezza.
Mentre si addentrava nelle rovine guardingo, si soffermò a pensare che se avesse sbagliato strada, incontrando fortuitamente un'altra rara zona fertile sarebbe stato il colmo! Fortunatamente, però, vagando tra le pietre spezzate e le grosse palme ed alberi riuscì ad intravedere un pozzo.
"Ascià fà!" Esclamò rinfrancato utilizzando una tipica espressione che aveva appreso dai contadini shebali che lavoravano al ranch della sua famiglia, nelle profondità della prateria di Dambrath. -Quella non è più la tua famiglia, pezzo di cretino!- Si rimproverò. -L'ultima cosa di cui hanno bisogno i discendenti di Aster è un figlio tainted!- Ricordò al suo cervello: che razza di disonore anche solo pensare un'eventualità del genere...
Si mosse in un ampio cerchio costeggiando lo spiazzo che conteneva il pozzo, osservandolo diffidente: più che un pozzo, era proprio una piccola pozza artificiale, e acqua pura come non ne vedeva da tempo lambiva la superficie delle pietre bianche che ne delimitavano gli argini.
Aveva appena mosso qualche passo in direzione dell'acqua quando una sagoma si staccò dalle ombre, diretta a sua volta verso l'acqua: un giovane leone assetato almeno quanto lui. Cameron e il felino incrociarono lo sguardo per diversi secondi, entrambi apparentemente perplessi della presenza dell'altro in quel luogo.
Il mezzodrow non fece un movimento, portando giusto una mano alla frusta nel caso il gattone troppo cresciuto decidesse improvvisamente di aver trovato il suo pasto per la serata. Il leone emise un basso grugnito mentre si avvicinava alla pozza continuando a tenerlo d'occhio. "Bevi pure... a me basta che te ne vai velocemente." Fece notare in un sussurro. Il grosso felino iniziò a lappare l'acqua avidamente, di tanto in tanto alzando lo sguardo verso Cameron ma sembrò non reputarlo un pericolo. Ad un tratto il leone sollevò la testa emettendo un basso ruggito, ma prima che il mezzodrow potesse allarmarsi il felino guizzò indietro e sparì nella boscaglia da cui era giunto, silenzioso, permettendo al viaggiatore di avvicinarsi.
Cameron si bagnò la testa nell'acqua, disidratato, concedendosi qualche sorsata d'acqua prima di riempire fino all'orlo la borraccia consegnatagli dallo shamano. "Ok. Se mi riposo giusto un attimo, potrei ripartire e fare qualche miglio in direzione della prossima meta prima del sorgere del sole..." Riflettè. Dei rumori inattesi, però, tarparono il suo ottimismo.
Non fece in tempo a nascondersi o a trasformarsi in vipera che si rese conto di essere circondato da oltre una dozzina di wemic armati di lance. Sospirò. "Mai che una cosa vada dritta..." Borbottò. -Cavolo devo smetterla di parlare da solo...- Sollevò le mani continuando a reggere la borraccia sperando di apparire in tal modo non minaccioso.
"Hai violato la pozza sacra, straniero..." Disse il più grosso dei centauri-leone in un comune molto accentato. "Pagherai per questo affronto!"
Il mezzodrow si corruccio. "Ma non sapevo che fosse proibito bere!" Replicò, ma a giudicare dal cerchio di wemic che si stringeva verso di lui a lance spianate dovette riflettere che la situazione stava volgendo rapidamente verso il male...
Aveva un occhio gonfio, lividi per tutto il corpo e il labbro tumefatto, ma tutto sommato era ancora vivo. Aprire gli occhi era già stato uno sforzo, ma era servito a capire di trovarsi in una cella in quello che doveva essere l'accampamento nomade dei wemic. Da quel poco che ricordava, i suoi carcerieri erano stati sufficientemente "civilizzati" da non uccidere subito il trasgressore, limitandosi a percuoterlo fin quando il dolore e i colpi non furono più tollerabili, facendolo svenire e cadere in un sonno agitato.
Agitato e strano il suo sonno. Ricordava di aver parlato al leone che beveva con lui, lamentandosi su perchè la stessa sorte inflittagli dai wemic non fosse toccata anche a lui. Per tutta risposta, il felino l'aveva guardato con i suoi occhi gialli, aveva sorriso (?!?) e aveva risposto (!!!) "Ho tentato di avvertirti del loro arrivo, ma non mi hai ascoltato..."
Scosse il capo cercando di riprendersi dal dormiveglia: il dolore e l'indolenzimento allontanarono i sogni e i pensieri assurdi. "Un leone che parla... certo... Lo mettiamo vicino alla scimmia urlatrice assassina della nana..." Borbottò, sollevandosi per guardarsi intorno. Era in una gabbia fatta di legno e dei giovanissimi wemic che lo stavano osservando incuriositi saltarono all'indietro quando si resero conto che si era svegliato.
Si ritrovò a pensare all'ironia di quella situazione: era diventato un animale da circo!
"Hey?" Chiamò, sperando che qualcuno dei cuccioli potesse capirlo, ma i più coraggiosi si limitarono a fissarlo mentre altri scappavano via vociando tra loro. Rinunciò ad un approccio diplomatico e prese a studiare il campo. Dopo qualche tempo i cuccioli se ne andarono, forse annoiati dalla sua immobilità. -Meglio così... potrò scappare più facilmente...- Individuò la sua fiasca e il suo equipaggiamento.
Non sarebbe stato difficile raggiungerli in forma di serpente, ma avrebbe dovuto tornare normale per prenderli e fuggir via, e quello poteva comportare alcuni rischi. Pazientò qualche altra ora, e quando fu sicuro che tutti i wemic erano sazi e in buona parte addormentati mise in atto il piano che aveva escogitato...
Dopo meno di mezz'ora era uscito dal boschetto che ospitata il campo dei wemic non visto e camminò per oltre tre ore prima di voltarsi indietro, la fiaschetta piena d'acqua il spalla. Era soddisfatto e ben deciso a mettere quante più miglia possibili tra lui e quelli che sarebbero probabilmente diventati al più presto i suoi inseguitori. Il terreno roccioso e accidentato pieno di cespugli spinosi e sterpaglie che conduceva a nord (o almeno sperava che fosse il nord) non gli facilitava la fuga, ma pur tuttavia doveva affrettarsi.
Dei rumori di lotta lo attirarono: per qualche istante fù tentato di ignorarli, ma valutò che era il caso di controllare se costituissero pericolo. Si affacciò dietro delle rocce e vide un piccolo gruppo di iene che tormentava un giovanissimo cacciatore wemic ferito. A quanto appariva dalla strana angolazione della sua zampa, la cacciatrice -perchè si trattava di una femmina molto giovane, poco più di un cucciolo- doveva aver messo una zampa in fallo rimanendo bloccata tra le rocce in balia di quei mangiatori di carogne da diverso tempo, visto il molto sangue che aveva perduto.
-Beh non è affar tuo...- fece presente a sé stesso. Non gli pareva che i wemic fossero stati molto amichevoli con lui. Stava voltandosi quando una iena intraprendente si avvicino alla wemic 'assaggiandola'. Stoicamente la gattona lo scaccio con una zampata, ma questo fece cadere altri ciottoli sulla sua gamba ferita, strappandole un basso grugnito.
-Non sapevo che i leoni avessero anche gli occhi verdi...- Riflettè Cameron, incuriosito dalla creatura. Il sole sarebbe sorto a breve, e se nessuno dei suoi l'avesse ritrovata probabilmente sarebbe morta di sete, sempre che non la mangiassero prima quelle creature abiette.
Sbuffò, uscendo allo scoperto. "Via cagnacci!" Vociò, facendo schioccare la frusta, ben sapendo che quegli esseri pavidi non avrebbero osato affrontare una creatura in perfetta salute. E infatti, si dispersero rapidamente, latrando il loro disappunto.
Si avvicinò guardingo alla wemic, che emise un suono strano, come un basso ruggito. Si accucciò appena come aveva spesso fatto in presenza di Vinz e Zull, le sue tigri, sperando che lo capisse "Ora ti libero la zampa. Sei pregata di non staccarmi la testa mentre mi avvicino." Gli sembrò che annuisse: forse non aveva capito molto, ma almeno rimase ferma mentre lui levava i pesanti massi facendo leva con dei rami.
Passò diverso tempo prima di riuscire a liberarla da tutte le pietre che la bloccavano, ma alla fine la creatura si rimise in piedi lentamente, zoppicante. Un buon guaritore probabilmente le avrebbe potuto rimettere in sesto la zampa se fosse tornata al villaggio.
Le lanciò la fiaschetta d'acqua. "Bevi."
Lei lo osservò guardinga prima di aprire la fiasca per bere. Quando gliela restituì, era quasi vuota. "Sei dei villaggio a sud?" Chiese, indicando lei e poi la direzione da cui era fuggito. Lei annuì. "Ti accompagno. Tanto devo riempire di nuovo questa..." Bofocchiò, avviandosi indietro. Non era un idea furba probabilmente... ma non era arrivato fino a lì per fallire così la sua prova!
Ore dopo avrebbe rimpianto quella sua uscita di testa e quel momento di generosità.
Certo, questa volta non l'avevano picchiato.
Indubbiamente questo era anche dovuto al fatto che la cucciola di wemic che aveva salvato era intercessa per lui: le guardie leonine, che avevano visto tornare il fuggiasco al campo chiedendo di parlare col loro capo, evitarono così di ucciderlo al volo per tanta insolenza.
"Ma la conclusione, brutto idiota, è che ora sei di nuovo prigioniero! E per giunta si sono portati tutti i miei oggetti chisà dove ben sapendo che senza non potrei mai scappare e sopravvivere!" Gli venne da bestemmiare una decina di divinità nello specifico, ma si trattenne limitandosi ad un paio a caso tra quelle che gli erano venute in mente.
Si accucciò in un angolo della sua cella, nero di rabbia, pensando sul da farsi. Non voleva darsi per vinto. Non poteva.
Stava ancora meditando sul da farsi quando un frusciare di sterpi e un'ombra gli indicarono che qualcuno si era avvicinato alla tua gabbia. Sentì il rumore di un lucchetto e la porta si aprì. Rimase immobile a fissare il wemic sulla porta, valutando la sua prossima mossa, quando si rese conto che si trattava del cucciolo di quella mattina. Vide che posava il suo zaino e le sue armi in terra, allontanandosi appena un pò dalla gabbia per consentirgli di uscire. Vedendo, però, che il prigioniero non si muoveva si avvicinò nuovamente, titubante. "Tu vai via..." Sussurrò in un comune molto accentato. "Tu rubato acqua... mio..." Sembrò cercare una parola, perplessa. "...re... mangia se resti."
Cameron fissò i suoi occhi in quelli della giovane leonessa, ponderando le sue parole mentre raccoglieva la roba. Se scappava adesso, avrebbe avuto oltre un giorno di vantaggio e a quanto pareva la ragazza aveva riempito la sua sacca d'acqua. La seguì in un percorso nascosto tra le sterpaglie, costeggiando i rovi che facevano da recinzione al campo wemic. Ben presto furono ai margini dell'accampamento, doveva solo voltarsi e andar via rapidamente.
Quello che forse la ragazza non aveva previsto era la presenza di un piccolo gruppo di cacciatrici di ritorno dalla battuta di caccia serale. Non c'era modo di evitarle rapidamente, se non uccidendole, e appena scoperti i loro corpi gli altri wemic avrebbero iniziato a cercarlo. In più dubitava che la ragazzina si sarebbe schierata con lui se avesse alzato armi contro i suoi simili.
"Nascondi, presto!" Lo incalzò lei, guardandosi intorno spaventata. "Le distraggo."
La tentazione di fuggire e lasciarsi tutto alle spalle era forte, ma Cameron dubitava che gli altri wemic avrebbero perdonato ad un cucciolo un'azione simile "Gli altri non saranno contenti se mi aiuti a scappare." Accennò alle tane degli altri wemic, in piccole strutture costruite di argilla e sterpi.
"Haina ti deve vita." Replicò lei semplicemente, facendogli cenno di nascondersi mentre lei andava a parlare con le cacciatrici.
Notò che alcune wemic si stavano dirigendo in quella direzione scrorgendo la ragazzina, e sospirò. -Sò già che me ne pentirò...- Pensò mentre agiva di riflesso, lasciando cadere zaino ed acqua alzandosi e avanzando al fianco della ragazzina in direzione delle sue compagne adulte. "Cacciatrici, voglio parlare con il vostro capo!" Urlò.
La giovane Haina sobbalzò. "Cosa fai?" Chiese spaventata. "Gli altri ti ricatturano!"
Le wemic -ignare di chi fosse lo straniero- si avvicinarono perplesse, ruggendo qualcosa alla ragazzina che miagolò una risposta. Una delle femmine adulte sembrò adirata, ma Cameron si frappose nel litigio. "Se vi ho offeso in qualche modo, non prendeteva con lei: non ha colpe. Portami dal tuo capo, che sia lui a giudicarmi." Intimò. Passarono lunghi secondi durante i quali Cameron temette di venir ucciso all'istante, disarmato e in inferiorità numerica qual'era. Ma la wemic che apparentemente comandava quel gruppetto si limitò a borbottare, facendo cenno di seguirlo.
"Ti portano da... re..." Spiegò Haina al suo fianco, ma il suo sguardo era ancora preoccupato mentre lo seguiva a poca distanza.
Il capo dei wemic torreggiava su di loro, la lunga criniera di capelli neri sciolti che ondegiava alla lieve brezza notturna. "Straniero, mi dicono che hai violato il pozzo sacro." Notò, reclinando appena la testa interrogativamente, studiando Cameron, fermo di fronte a lui in silenzio. "...ma mi dicono anche che hai salvato mia figlia dalle iene..." Lanciò uno sguardo di disappunto alla ragazza, che miagolò qualcosa timidamente.
"Haina sostiene anche che ti sei consegnato spontaneamente a me per non farla punire per la tua fuga." Aggiunse in quello che sembrava un tono divertito, o forse scettico. Girò attorno al suo prigioniero un paio di volte, come un gatto che studi un topo ormai alla sua mercè.
Cameron rimase fermo e silenzioso, attendendo che il wemic gli concedesse di parlare. Quando si trovò faccia a faccia con lui, che troneggiava un paio di teste sopra di lui, alzò lo sguardo ad incontrare il suo senza battere ciglio, come aveva imparato a fare con le tigri.
"Sei insolito, straniero... mai visti bipedi della tua razza: hai le orecchie di lupo e occhi di serpente... e odori di serpente." Un basso ruggito risuonò con quelle parole, mentre il capo riprendeva a studiarlo. "Chi sei? Cosa ti porta qui?"
Sentendosi finalmente interpellato, il mezzodrow prese fiato, pensando cosa rispondere. "Mi chiamo Cameron. Kisimba, uno shamano della tua razza, mi ha detto di venire qui a prendere dell'acqua per portarla in un luogo sacro cinque giorni a nord da qui. Non sapevo fosse proibito accedere al pozzo, e se vi ho recato offesa me ne scuso." Rispose semplicemente.
Il grosso centauro-leone annuì, e la giovanissima figlia dietro di lei sembrò rincuorarsi: forse lo straniero sarebbe stato lasciato in vita. "Eri scappato con l'acqua. Perchè hai salvato mia figlia e sei tornato indietro con lei?" Domandò, sinceramente incuriosito.
Cameron fu colto un attimo di sprovvista. -Già... perchè?- La domanda lo spiazzava, perchè se l'era posta anch'egli più di una volta in quei giorni. Ripensò agli occhi verdi e spaventati del cucciolo wemic intrappolato tra le rocce: forse gli aveva ricordato Jandhara, chisà. Si rese conto di aver fatto attendere troppo la risposta, e pensò che era meglio dire semplicemente la verità, per quanto poco credibile gli apparisse. "Perchè era in pericolo e ferita. Non poteva tornare indietro da sola." Rispose di getto, pensando tra sè che solo un idiota avrebbe potuto dare una risposta simile.
Il grosso felino annuì. "Ti devo la vita di mia figlia, quindi ora sei libero." Sentenziò il re wemic semplicemente. "Prendi le tue cose e và via."
Il mezzodrow rimase immobile, nonostante tutti gli altri felini probabilmente si aspettassero che scappasse a gambe levate. "Ti chiedo il permesso di portar via un otre d'acqua." Aggiunse sfacciatamente. Si aspettava un rifiuto, ma invece si sorprese ad ascoltare la risata del wemic e di molti suoi guerrieri.
"Credo te la sia guadagnata, Cameron." Confermò il re wemic, divertito. "Possa lo spirito dalla criniera di fuoco vegliare sul tuo viaggio."
Haina accompagnò Cameron fino ai margini del villaggio, indicandogli la via da seguire per raggiungere il luogo in cui avrebbe dovuto incontrare Kisimba, lo shamano, per terminare la sua ordalia. Gli passò anche una bisaccia con alcuni viveri, che il mezzodrow accettò titubante.
"Hmmm... non so se posso accettare. Dopo tanti sbattimenti vorrei evitare di contravvenire a qualche regola dell'ordalia..." Fece notare ghighando.
La leonessa sorrise mostrando una fila di denti bianchissimi. "Non credo vietato mangiare!" Replicò facendo spallucce.
"Beh, non credevo nemmeno che mi fosse proibito prendere dell'acqua... ma vedi in che guaio mi sono cacciato." Le rispose lui sarcastico. "Ad ogni modo, grazie per l'aiuto."
"Se vuoi accompagno lì!" Propose la cucciola, entusiasta, un espressione negli occhi verdi da felino molto simile a quella di Jandhara quando stava per ficcarsi in un guaio o fare una marachella.
La proposta poteva essere allettante, visto che di sicuro la creatura si sarebbe orientata meglio di lui nella savana, velocizzando il suo viaggio. Sospirò, ricordando le circostanze in cui aveva incontrato il cucciolo: portarla con lui significava sottoporre una ragazzina a inutili rischi. "No. Sei la figlia del capo, una cacciatrice come te ha senz'altro dei compiti qui." Fece notare, sperando che il metodo che utilizzava con Jandhara per sviarla da azioni insensate funzionasse anche con lei.
Pur non completamente convinta, la fanciulla wemic accettò di buon grado il rifiuto di aiuto del nuovo amico. "Buona caccia, Cameron." Lo salutò, usando una forma di saluto che gli suonò strana ma era senz'altro la traduzione in comune di un augurio di prosperità nella sua lingua nativa.
Il Capo le dedicò uno dei suoi rari sorrisi. "Buona caccia, Haina." La salutò andando via, domandandosi se -quando si sarebbe sperduto nella savana- si sarebbe pentito di questa sua ennesima decisione senza senso!
Aveva una sete folle, ma doveva mancare poco alla sua meta finale.
-Certo che è una bella crudeltà: ho una borraccia d'acqua, e posso solo guardarmela!- Riflettè tra sè, passandosi una mano sugli occhi. Ormai si sentiva cotto dal sole. In quella zona brulla della savana, inoltre, non c'erano nemmeno alberi sotto cui ripararsi nelle ore di arsura, quindi l'unica opzione accettabile era diventare vipera, ma se la voleva riservare nel caso tornasse quel gruppo di leonesse affamate che aveva già evitato per un pelo poche ore prima, e durante la notte, con la stessa tattica.
Tentò di misurare al massimo i passi e le forze, ma il calore diventava sempre più intollerabile. Si sedette vicino ad una roccia, facendosi ombra col suo mantello alla men peggio, deciso ad attendere il fresco della sera. Il suo respiro era affannato in quell'aria torrida. Ogni respiro sembrava bruciarlo dall'interno, fino a raggiungere i polmoni in mille scintille di fuoco.
Un sorso d'acqua era una trasgressione dei patti?
-Come diamine dovrebbe fare lo sciamano a capire se ne ho bevuto un sorso?- Si domandò, furente. E come si ci era ficcato in quella situazione assurda?
-Ah già! In mio gentilissimo datore di lavoro, leggi anche padrone, accetta questa ordalia senza senso, che io devo volontariamente superare se voglio sperare di sopravvivere e non incorrere nella sua ira...-
-Ma a che scopo sopravvivere? Per aprire uno stramaledettissimo portale che unirà un pacifico paesino di inocui villegiani con il posto che disprezzo di più al mondo... bella storia...- Si rese conto che non si era mai soffermato a pensare sulle conseguenze di queste sue azioni.
-...forse dovrei berla tutta quest'acqua... o forse dovrei più banalmente lasciarmi morire di sete, così che fallisca e questo assurdo progetto di unire due mondi che farebbero meglio a restare divisi cessi!- Si passò una mano tra i capelli sporchi ed annodati, leccandosi appena le labbra spaccate dal sole. Era talmente disidratato che aveva ben poca saliva. -...veleno... tutto veleno...- Si ricordò causticamente. Chiuse gli occhi, sopraffatto dalla calura, accovacciandosi al suolo.
Una giovane leonessa solitaria trotterellò a poca distanza da lui, lanciandogli uno sguardo incuriosito. Il Capo aprì un occhio facendosi attento, aspettandosi a breve il resto del branco, il che avrebbe annunciato la sua morte se non si affrettava a dimostrarsi una preda difficile o indesiderata.
Inaspettatamente, però, la leonessa lo ignorò, spronando un piccolo manipolo di cuccioli a sfilare rapidamente lontani da lui. Nonostante il caldo e la fame evidente della creatura, a quanto pareva la fiera preferiva ignorarlo piuttosto che mettere in pericolo i cuccioli. Curioso atteggiamento.
In effetti, persino gli strani bufali sembravano una minaccia per quei cuccioli; una zoccolata avrebbe potuto ucciderli, laddove un felino adulto era invece sicuramente mortale per un ruminante. Strano come le cose si potessero vedere sotto due diverse angolazioni: la preda che diventa predatore, e il predatore preda...
La sua mente gli mostrò uno strano parallelismo. -Se io muoio, ne manderanno un altro...- Sospirò a quella consapevolezza: la sua morte -contrariamente a quanto aveva ipotizzato- non avrebbe portato alcun giovamento, solo altri guai. Non c'era una via semplice.
Forse non gli restava che accettare cos'era diventato, battendosi per non perdere ciò che era stato. -Detto così lo fai sembrare facile...- Si arringò rialzandosi in piedi avviandosi verso un albero all'orizzonte. -...ma d'altronde l'hai detto tu che non c'e' una via facile.-
E passo dopo passo, si avvicinò sempre più alla sua meta. Passarono le ore, i giorni, non sapeva quanti... ma alla fine le vide.
Le rovine. Era arrivato.
Si appoggiò ad un muro di pietrisco, stanco, e notò una figura accampata lì vicino tra una marea di cervi. "WE! CAPO!" Vociò l'omaccione dalla pelle color cacao. Sembrava ben nutrito, ma decisamente stanco ed assetato.
E ad un tratto Cameron ebbe un illuminazione. -...mi ha detto: prendi l'acqua e fanne buon uso...- Si sentì ancora più stanco e non ebbe nemmeno la forza di darsi dell'imbecille.
Buon uso.
"Balù, sembri assetato..." Concluse sedendosi al fianco dell'amico allungandogli la borraccia piena per cui aveva tanto strenuamente combattuto... |
_________________
 |
|