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Lo sgocciolare ritmico era l'unico suono, a parte lo scricchiolare della neve sotto i piedi dell'elfo. Il candore bianco era infatti macchiato da una lunga scia rossa di sangue che scivolava pigramente dalle profonde ferite del guerriero.
Quella volta Elledan aveva dovuto usare tutta la sua astuzia e i molti trucchi appresi dal suo maestro Assassin per aver la meglio sul suo nemico.
Giunse infine allo stipite della porta del grosso palazzo che ospitava i LucisImperia, sentendosi pervadere dal gelo; imputò quella sensazione al molto sangue che aveva perduto e alle settimane trascorse sulle tracce di un grosso Karik con cui aveva un conto in sospeso, adesso fortunatamente risolto. Sospirò: non amava chi lo minacciava di morte, e odiava a morte chi osava minacciare la sua amata Demetra.
-Beh, ora le sue minacce potrà farle all'inferno dove l'ho spedito...- Rifletté varcando stancamente la soglia del palazzo...

Il silenzio innaturale di quelle sale normalmente riempite dal chiacchiericcio degli amici, dalla risata argentina di Galadriel o dai bisticci dei nani lo colse impreparato. Strizzò gli occhi appannati dal sangue, e intravide due figure sedute accanto al camino. Si avvicinò a Calahir e Evian, sorridendo appena, ma lo sguardo triste del sacerdote di Eva, cui seguirono le parole di un rapido incantesimo di guarigione, non gli trasmisero per nulla sicurezza. "Cosa succede, Cal?" Chiese, facendo scivolare gli occhi lungo la stanza in cerca di risposte, sentendo la preoccupazione montare in lui.
Gli occhi chiari di Evian lo fissarono mestamente. "Siediti, Elledan... sono successe varie cose in tua assenza..."
Deglutì, ricambiando lo sguardo della donna con occhi scuri, e fece cenno agli amici di parlare: solo al termine delle loro affrante parole si rese conto che forse avrebbe fatto bene a seguire il loro consiglio, e sedersi...

Lo splendore della luna calante sulle gelide acque del lago Iris era uno spettacolo notevole anche per chi, come lui, aveva passato moltissime estati in quei luoghi incantati. Rimase per diversi minuti ad osservare la sfera della luna immergersi nelle acque del lago, sparendo lentamente come ne fosse inghiottita, lasciando balenare i suoi ultimi raggi argentei tra gli alti rami dei tigli e degli olmi di quei boschi secolari.
Bagliori dell’ultima luce del satellite tingevano di argento la superficie liscia del lago e filtravano, rifrangendosi, tra le fronde dei salici che lambivano la superficie immota dell’acqua.
Elledan inspirò profondamente l’aria fresca della terra natale degli elfi. I suoi occhi, di un azzurro quasi argenteo in quella luce misteriosa, cercarono un punto specifico tra gli alberi secolari sull'altra sponda del lago. Qualche secondo dopo, il generale elfo sparì nella boscaglia, silenzioso com’era venuto…
Alcuni minuti dopo era giunto in un luogo che aveva visitato mesi addietro, guidato da una farfalla che gli aveva comunicato l'addio di quella che per lui era sempre stata una sorella, Lalaith. L'istinto l'aveva guidato li proprio in quel momento cupo della sua vita, non sapeva neanche per quale motivo.
La radura era rimasta esattamente identica a come la ricordava. Ghignò amaramente notando che però non vi era più un singolo, splendido albero al suo centro...
–Qualcosa è cambiato invece…- Rifletté socchiudendo appena gli occhi, ricacciando indietro le lacrime, che di certo non si addicevano ad un assassino come lui.
Rimase paralizzato dallo spettacolo che gli si prospettava: un bagliore diffuso pervadeva la radura, sprigionandosi dall'albero che lui sapeva essere Lalaith.

Demetra era in piedi, immobile, e tendeva una mano ad un ramo, che si allungo verso di lei, avvolgendosi dolcemente al suo polso. I suoi capelli biondi rilucevano ai flebili raggi delle stelle, come la sua pelle candida, donandole un aspetto ultraterreno. Elledan ammirò per un ultima volta la curva della sua schiena, lasciata scoperta dal semplice abito color perla che indossava: non più vesti da battaglia per la Signora della Luce.
La luce crebbe di intensità, come se fosse l'elfa stessa ad emetterla, e la pelle morbida dei piedi scalzi dell'elfa cambiò repentinamente di aspetto, indurendosi e inspessendosi, come la corteccia di un albero. Lei sembrò non avvedersene, impegnata in chissà quale conversazione con gli spiriti della Luce, anche se le sue lunghe gambe andavano molto lentamente coprendosi di viticci.
Per lunghissimi attimi Elledan si sforzò di non seguire il suo primo egoistico pensiero, strappando l'elfa che amava dall'abbraccio dell'albero. Demetra aveva scelto di ritirarsi nella Luce, come è diritto di ogni elfo degno di questo nome, e non sarebbe stato giusto da parte sua impedirle di portare a termine quella difficile scelta.
-Namarie, amor mio…- Si ritrovò a pensare, sorridendo amaramente.
Si avvicinò impercettibilmente a lei, silenzioso come un ombra nella notte.
In un attimo di riconoscimento, Demetra sollevò i suoi occhi blu cobalto in quelli argentei e tormentati dell'elfo sfregiato. Per un lunghissimo istante si fissarono, il tempo sembrò cristallizzarsi: splendidi come sculture delle antiche corti, i due si fronteggiarono in un silenzio carico di aspettative.
Poi lei sorrise, come sollevata dalla presenza di Elledan, e la sua trasformazione in un albero fu completa.
Il sole sorse e tramontò, ma lui non se ne avvide.
Quando infine decise di allontanarsi per compiere i suoi ultimi doveri di generale dei Lucis, lo fece a malincuore...

Calahir ascolto tristemente le parole del suo generale, ed amico, tornato ad Aden -nella clanhouse dei Lucis- per un ultima volta, giusto per assicurarsi che le faccende burocratiche fossero state ultimate come dalle volontà di Lady Lucis, e salutare i molti amici che l'avevano accompagnato: c'erano molti Lucis, gli sguardi tristi e sbandati di chi ha perso una guida, e molti alleati, sconvolti per l'annunciata scomparsa di lady Demetra e del misterioso assassino elfo che avevano imparato a conoscere ed apprezzare.
A nulla erano servite le parole di Gaowin e Navarre: Elledan era stato adamantino sulla sua decisione. Il suo maestro, Assassin, l'aveva osservato andar via senza parlare, anche se dallo sguardo si capiva l'amarezza che albergava nel cuore dell'umano.
Salutò un ultima volta tutti, lasciandoli con una promessa. "La luce di Vanya non è fatta per elfi come me, amici... cercatemi nelle ombre della notte e forse mi potrete scorgere di tanto in tanto..."

La strega nana avrebbe scommesso che prima o poi l'avrebbe visto tornare da lei, e quella volta sarebbe stata l'ultima: quello strano elfo sfregiato dagli occhi cangianti non le aveva mai chiesto niente per se, ma quella volta lo fece.
Lei lo guardò. "Sapevo che sarebbe stato l'amore a farti cadere, moredhel..." Commentò con fare casuale, utilizzando stranamente una parola elfica traducibile forse come <<generale oscuro>>.
L'elfo non badò alle parole di Matilda, e inghiottì la pozione senza esitare...

La coppia di alberi ondeggiava lievemente mossa dalla tenue brezza, mentre l'argento della luna luccicava sulle loro foglie. Da qualche mese si era diffusa ad Elven la leggenda che uno spettro proteggesse la sacralità di quel luogo dalle ombre, facendo sparire senza lasciar traccia qualsiasi profanatore.
Nessuno aveva mai visto la creatura custode di quel luogo sacro, alcuni dicevano fosse una pantera, altri un lupo, altri ancora lo spirito di un elfo morto molti millenni addietro.
Ma su una cosa erano tutti concordi: se si passeggiava di notte lungo le sponde del lago Iris, due occhi azzurri rilucevano di tanto in tanto tra le scure ombre dei boschi...

[Off-Gdr]
Un saluto a tutti quelli che mi hanno conosciuto in game,e un augurio di buon divertimento, ricordando sempre che -alla fine- questo è soltanto un gioco...